RITA ROZZI
silenti
a cura di Alessandra Azzolini
Come lascia immaginare il titolo, l’artista si pone in ascolto della voce inudibile della natura, come lei stessa l’ha definita. L’intento è affinare l’ascolto dei meccanismi intimi del pensiero per avvicinarsi al mondo naturale con più umanità. La poetica che insegue è quella di dar simbolicamente voce a una natura sofferente. Lirica, salvifica e solo in apparenza silente. Ne scaturisce una sinestesia: mostrare un suono per mezzo del visibile, analogicamente alterato.
II rumore, in ambito fotografico, definisce la presenza di sgranatura o sporcature della definizione dell’immagine: tale effetto è volutamente ricercato dall’artista attraverso l’uso di pellicole scadute, per mostrare l’invocazione, la ferita, la metamorfosi. Un silenzio assordante.
Il lavoro è promosso da #analogicfriends, trattando il tema natura e fotografia analogica, con la sensibilità pittorica che è propria dell’autrice. La mostra ospita anche una fotografia di Giacomo Rozzi, padre dell’artista e suo primo maestro, che le ha donato la macchina fotografica Nikon F3, con la quale ha deciso di realizzare il progetto. L’intento è quello di lasciare una speranza, una continuità tra generazioni, che consegna al futuro un modo di vedere il mondo al di là di ogni nichilismo.
Gli alberi antichi sono i nostri genitori, e forse i genitori dei nostri genitori. Se si vuole conoscere i segreti della Natura, bisogna praticare più umanità…
Henry David Thoreau
Dopo gli studi all’Istituto d’Arte P. Toschi di Parma e all’Accademia di Belle Arti di Bologna, Rita Rozzi si è dedicata per molti anni all’arte come professione collaborando con artisti di fama internazionale esposti alla Biennale di Venezia e rivestendo ruoli molteplici nel settore dei Beni Culturali: pittura, restauro, decorazione, diagnostica dell’arte, direzione allestimenti e disallestimenti. Per la Fondazione Magnani Rocca di Parma, è stata incaricata come courier di accompagnare le opere della collezione concesse in prestito a importanti musei italiani e esteri: MART di Rovereto, Palazzo dei Diamanti di Ferrara, Museo Puskin di Mosca, Denver Art Museum, in Colorado, Musée d’Orsay, a Parigi, solo per citarne alcuni. Oggi è insegnante di Storia dell’Arte nelle scuole. Ecologista anzitempo.
“Le piante sofferenti emettono suoni rilevabili a oltre un metro di distanza, lo dimostrano recenti studi scientifici. La frequenza di questi segnali acustici è troppo alta perché possa essere recepita dal nostro udito. È noto, però, che alcuni animali possano distinguere questi suoni e che quindi esista un’interazione, una comunicazione sonora, che all’umano è negata. Forse per tale motivo l’uomo è così indifferente al mondo vegetale. Le piante, cambiando la loro espressione genica, rispondono alle differenti vibrazioni che recepiscono. Anche la voce violenta di un essere umano può far gridare la natura. L’ascolto concreto di questa reazione sonora, del grido sofferto prodotto da una foglia o da un fiore in prossimità dell’ostilità umana, ha sviluppato in me la consapevolezza che esista un intrinseco e profondo scambio tra mondo umano e vegetale. Per quanto la qualità ultrasonora della relazione renda altamente sofisticato l’approccio, è possibile creare affinità”.
La mostra prende le mosse da queste riflessioni generali dell’artista sulla natura. Nata in Appennino, costruisce i suoi primi ricordi in un ambiente incontaminato, dove fare esperienza del ciclo delle stagioni e del mutare degli elementi. Più tardi, in città, sceglie di vivere a fianco del fiume, per mantenere la connessione con l’acqua, che prima è stata neve, è stata pioggia e ora rinvigorisce gli arbusti, rinverdisce le foglie. Lungo il greto del fiume sono state scattate le fotografie esposte in mostra in occasione di Fotografia Europea 2024, a tema “La natura ama nascondersi”. Per questo progetto, si avvale di una macchina fotografica analogica, sulla quale carica rullini scaduti.
Per Rita Rozzi la natura rischia di scomparire per opera dell’uomo, nelle immagini la sua forza vitale è spesso offuscata dalla polvere. Compie un esercizio del camminare che ci riporta a quel piccolo capolavoro omonimo di Henry David Thoreau, che sembra aver ispirato l’autrice, che camminando osserva, cerca e trova residui di una natura selvaggia, sofferente, che chiede la nostra attenzione, come a dire, nascosta dietro al muro cittadino mostrandosi appena: “Sono qui”.
La natura è silente, ma non per questo non dice, non tace, non sta zitta. Siamo in relazione con il mondo vegetale in un modo che non è solo estetico, poetico e sentimentale: riguarda il linguaggio e su questo mi vorrei soffermare, intendendo il linguaggio come un modo di instaurare una comunicazione che appare paradossale in termini filosofici, poiché avviene senza parole. Il lavoro dell’artista sembra suggerire un sesto senso, che tutti possiamo esercitare, poiché insito nell’umano: bisogna solo voler affinare la nostra sensibilità e diventare esseri umani migliori, capaci di riconoscere l’urgenza del messaggio in termini ecologici.
Dell’intenzionalità delle piante era già convinto anche Johann Wolfgang von Goethe, quel ramo di abete sembra proprio tendersi verso di noi, verso la macchina fotografica. Oggi la tecnica dei vibrometri attaccati alle piante ne registrano le vibrazioni; e la pellicola, quanto è sensibile a queste voci?
Spesso Rita percorre il corso dell’acqua raccogliendo i rifiuti e i resti che si depositano tra le rocce, quando il fiume si ritira. La sua spinta ecologista emerge nelle immagini, che per lei non valgono mai solo per se stesse, lato meramente estetico, ma soprattutto per il contenuto critico e di militanza attiva: in qualche modo si può dire che fotografando compia un atto politico.
Rami, rocce, foglie, felci, muschi, bacche di rosa canina, nella luce calda primaverile che asciuga il fango, oppure nella luce fredda dell’inverno quando alla mattina la neve è arrivata anche in città a coprire tutto.
Quella rappresentata negli scatti esposti in mostra è una natura antropizzata, dove compaiono tracce di un passaggio umano, all’opposto di una natura incontaminata. L’artista compie uno sforzo di risemantizzazione, per creare una nuova narrazione del suo paesaggio quotidiano e offrire allo sguardo e all’orecchio una bellezza resistente.
La tecnica fotografica scelta riflette proprio questo modo di vedere e di ascoltare altrimenti, più libero, con meno sovrastrutture, più autentico, più umano e forse più vicino alle cose; accoglie il caso, l’errore, l’inatteso. Le pellicole scadute, alterandosi, modificano la loro sensibilità alla luce, senza poter esattamente prevedere in che modo restituiranno la porzione di realtà nell’istante dello scatto. Aprendosi a queste possibilità, lo sgretolarsi dell’immagine, il colore virato e le sfocature sembrano andare nella direzione “informale”, se si può dire della fotografia. Il primo scatto silenti I di ricordo pittorico è un omaggio alle Ninfee di Claude Monet, un sopravvivere della natura negli ultimi anni della sua vita, di cui sono garanti gli animali: “Ci siamo ancora!”. È “la rivincita dei pesci rossi”, per citare la fotografia di Sandy Skoglund del 1981.
Si fa notare a casa dell’artista una fotografia del padre Giacomo Rozzi, che ritrae un uccellino nell’atto di nutrirsi di una mela matura, appeso proprio vicino alla finestra che affaccia sul fiume. La composizione dell’immagine sembra la stessa dell’antica arte cinese, in cui la vegetazione e l’animale sono rappresentati insieme in un’inquadratura verticale. L’uccellino sul ramo a testa in giù suggerisce un’impressione di cambiamento e di un ulteriore movimento vitale, poichè in procinto di spiccare il volo: rappresenta il ritmo della vita (shêng tung).
È in buona parte il ruolo dei genitori quello di presiedere al nutrimento, materiale e spirituale, e assicurare una prosecuzione della vita sulla terra. Con questa mostra, Rita fa un regalo a se stessa e al lui, che per primo le ha insegnato a fotografare, immaginando che i primi soggetti inquadrati insieme siano stati proprio quelli che ancora oggi riemergono nelle sue fotografie.
Laureata in Filosofia in Estetica, Alessandra Azzolini ha conseguito alla IULM di Milano un master in Management del Made in Italy. Negli anni ha curato diverse mostre per Fotografia Europea, circuito OFF: L’enigma dell’incanto, di un collettivo di fotografi professionisti dell’Appennino, nel 2010; In my Father’s Clothes, di Farida Saglia, nel 2016; f53 Visioni sul futuro del cibo, di Roberto Savio, nel 2023 e, nello stesso anno, ha presentato anche come autrice il progetto film camera fashion. Ha organizzato eventi in store legati alla fotografia per le boutique del Max Mara Fashion Group di Reggio Emilia (2016), Parma (2020 e 2023) e Milano (2020). Si è occupata di curare la presentazione delle opere di Roberto Savio, alla mostra Unique et/ou singulier, nella Seeeds Gallery di Parigi, nel 2021 e a MIA Photo Fair di Milano, nello spazio di Photo Indipendent Los Angeles, nel 2023. Collabora con lui come editor e insieme hanno fondato il progetto #analogicfriends, per valorizzare le macchine fotografiche analogiche, che hanno fatto la storia del design e della fotografia.
Food in Chiostri è il nuovo spazio dei Chiostri di San Pietro in Via Emilia San Pietro 44/C, a Reggio Emilia.
Nato per accogliere i visitatori, gli ospiti del Laboratorio Aperto e del co-working, e tutte le persone che quotidianamente frequentano l’area e il centro storico. Vuole essere uno spazio democratico aperto a tutti coloro che desiderano incontrarsi, stare insieme con amici, rilassarsi e regalarsi gustose pause.
Il servizio food è di Pause-Atelier dei Sapori, un’impresa nata nel 2017 di Fondazione Reggio Children come laboratorio di ricerca permanente dedicato al gusto, alla salute e al benessere della comunità. Propone nuovi piatti e sapori, da gustare a colazione, aperitivo e pranzo.
L’esposizione sarà fruibile, dal 26 aprile al 9 giugno 2024, negli orari 9:30 – 19:30, escluso i lunedì.
Ingresso libero.
Inaugurazione il 28 aprile 2024, alle ore 10:30.
Per informazioni: info@analogicfriends.com
FOTOGRAFIA ANALOGICA
silenti: la mostra fotografica di Rita Rozzi
a cura di Alessandra Azzolini
L’iniziativa è promossa da #analogicfriends con il sostegno della Casa delle Donne di Parma ed è ospitata a Food in Chiostri, spazio all’interno del Laboratorio Aperto dei Chiostri di San Pietro, a Reggio Emilia, dal 26 aprile al 9 giugno, all’interno del circuito OFF di Fotografia Europea 2024. Inaugurazione domenica 28 aprile, alle 10.30
REGGIO EMILIA (25 APRILE 2023) – “Gli alberi antichi sono i nostri genitori, e forse i genitori dei nostri genitori. Se si vuole conoscere i segreti della Natura, bisogna praticare più umanità…”. La mostra prende le mosse dalle riflessioni generali dell’artista sulla natura, ispirate dalla citazione di Henry David Thoreau e dall’urgenza della questione ecologica in epoca contemporanea.
silenti è il titolo della mostra di Rita Rozzi, a cura di Alessandra Azzolini, promossa da #analogicfriends, con il sostegno della Casa delle Donne di Parma, e tratta il tema natura e fotografia analogica, con la sensibilità pittorica che è propria dell’autrice. Il progetto è presentato in occasione della XIX Edizione di Fotografia Europea 2024, dal titolo La natura ama nascondersi, nel circuito OFF, dal 26 aprile al 9 giugno, a Food in Chiostri, spazio all’interno del Laboratorio Aperto dei Chiostri di San Pietro, in via Emilia San Pietro, 44c, a Reggio Emilia, gestito da Pause-Atelier dei Sapori, un’impresa di Fondazione Reggio Children. L’esposizione è aperta tutti i giorni, dalle 9.30 alle 19.30 (escluso il lunedì), a ingresso gratuito.
Come lascia immaginare il titolo, l’artista si pone in ascolto della voce inudibile della natura, come lei stessa l’ha definita. L’intento è affinare l’ascolto dei meccanismi intimi del pensiero per avvicinarsi al mondo naturale con più umanità. La poetica che insegue è quella di dar simbolicamente voce a una natura sofferente. Lirica, salvifica e solo in apparenza silente. Ne scaturisce una sinestesia: mostrare un suono per mezzo del visibile, analogicamente alterato. II rumore, in ambito fotografico, definisce la presenza di sgranatura o sporcature della definizione dell’immagine: tale effetto è volutamente ricercato dall’artista attraverso l’uso di pellicole scadute, per mostrare l’invocazione, la ferita, la metamorfosi. Un silenzio assordante.
“Le pellicole scadute, alterandosi, modificano la loro sensibilità alla luce, senza poter esattamente prevedere in che modo restituiranno la porzione di realtà nell’istante dello scatto. Aprendosi a queste possibilità, lo sgretolarsi dell’immagine, il colore virato e le sfocature sembrano andare nella direzione ‘informale’, se si può dire della fotografia. Il primo scatto silenti I di ricordo pittorico è un omaggio alle Ninfee di Claude Monet, un sopravvivere della natura negli ultimi anni della sua vita, di cui sono garanti gli animali. È ‘la rivincita dei pesci rossi’, per citare la fotografia di Sandy Skoglund del 1981”, afferma la curatrice.
La mostra ospita anche una fotografia di Giacomo Rozzi, padre dell’artista e suo primo maestro, che le ha donato la macchina fotografica Nikon F3, con la quale ha realizzato il progetto. L’intento è quello di lasciare una speranza, una continuità tra generazioni, che consegna al futuro un modo di vedere il mondo al di là di ogni nichilismo.
“La fotografia analogica ha ancora molto da insegnare, non solo sull’utilizzo delle macchine fotografiche, ma anche sulla resa dell’immagine in fase di stampa, anche in ambito digitale”, dice il fotografo Roberto Savio ideatore dell’iniziativa #analogicfriends nata con l’intento di diffondere l’interesse intorno alle macchine fotografiche analogiche e valorizzarne le qualità funzionali ed estetiche.
Si ringrazia Tobia Curti Ricci per le cornici.
biografia della fotografa Rita Rozzi
Dopo gli studi all’Istituto d’Arte P. Toschi di Parma e all’Accademia di Belle Arti di Bologna, Rita Rozzi si è dedicata per molti anni all’arte come professione, collaborando con artisti di fama internazionale esposti alla Biennale di Venezia e rivestendo ruoli molteplici nel settore dei Beni Culturali: pittura, restauro, decorazione, diagnostica dell’arte, direzione allestimenti e disallestimenti. Per la Fondazione Magnani Rocca di Parma, è stata incaricata come courier di accompagnare le opere della collezione concesse in prestito a importanti musei italiani e esteri: MART di Rovereto, Palazzo dei Diamanti di Ferrara, Museo Puskin di Mosca, Denver Art Museum, in Colorado, Musée d’Orsay, a Parigi, solo per citarne alcuni. Oggi è insegnante di Storia dell’Arte nelle scuole. Ecologista anzitempo.
biografia della curatrice Alessandra Azzolini
Laureata in Filosofia in Estetica, Alessandra Azzolini ha conseguito alla IULM di Milano un master in Management del Made in Italy. Negli anni ha curato diverse mostre per Fotografia Europea, circuito OFF: L’enigma dell’incanto, di un collettivo di fotografi professionisti dell’Appennino, nel 2010; In my Father’s Clothes, di Farida Saglia, nel 2016; f53 Visioni sul futuro del cibo, di Roberto Savio, nel 2023 e, nello stesso anno, ha presentato anche come autrice il progetto film camera fashion. Ha organizzato eventi in store legati alla fotografia per le boutique del Max Mara Fashion Group di Reggio Emilia (2016), Parma (2020 e 2023) e Milano (2020). Si è occupata di curare la presentazione delle opere di Roberto Savio, alla mostra Unique et/ou singulier, nella Seeeds Gallery di Parigi, nel 2021 e a MIA Photo Fair di Milano nello spazio di Photo Indipendent Los Angeles, nel 2023. Collabora con lui come editor e insieme hanno fondato il progetto #analogicfriends, per valorizzare le macchine fotografiche analogiche, che hanno fatto la storia del design e della fotografia.
Per scaricare il press kit cliccare sul seguente link https://www.dropbox.com/scl/fo/ege4a4insm1kxh52s52j1/AMtacPMRsNed1QHUDhnQZv8?rlkey=3emxcgqpclufsjjbgsna5x2f7&st=okpxujom&dl=0
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