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icone della fotografia e del design
un progetto fotografico di Alessandra Azzolini
Food in Chiostri è il nuovo spazio dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia nato per accogliere i visitatori, gli ospiti del Laboratorio Aperto e del co-working, e tutte le persone che quotidianamente frequentano l’area e il centro storico. Vuole essere uno spazio democratico aperto a tutti coloro che desiderano incontrarsi, stare insieme con amici, rilassarsi e regalarsi gustose pause.
Il servizio food è di Pause-Atelier dei Sapori, un’impresa nata nel 2017 di Fondazione Reggio Children come laboratorio di ricerca permanente dedicato al gusto, alla salute e al benessere della comunità. Propone nuovi piatti e sapori, da gustare a colazione, aperitivo e pranzo.
chiostrisanpietro.it/food-in-chiostri
Alessandra Azzolini è brand ambassador del Max Mara Fashion Group e content creator.
Esperta di Fashion & Luxury lavora da anni nel settore moda e sviluppa contenuti per la comunicazione. Vanta una consolidata esperienza nello styling e nella curatela di eventi culturali. La sua formazione in Filosofia, con specializzazione in Estetica, le consente una visione privilegiata del mondo della fotografia come forma d’arte contemporanea.
In questo progetto ha unito alle sue principali passioni le competenze nel settore del Design, operando un taglio interpretativo sulla storia della fotografia, intesa non come storia delle immagini, ma come storia degli oggetti che le hanno create.
Le macchine fotografiche ritratte fanno parte della collezione di #analogicfriends e vengono in massima parte tutt’ora utilizzate.
L’esposizione sarà ospitata presso i Food in Chiostri, Chiostri di San Pietro, in Via Emilia San Pietro,44/C Reggio Emilia e sarà fruibile, dal 28 aprile all’11 giugno 2023, negli orari 9:30 – 19:30, escluso i lunedì.
Ingresso libero.
Inaugurazione il 30 aprile 2023, alle ore 10:30.
Per informazioni: info@analogicfriends.com
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Le macchine fotografiche analogiche icone della fotografia e del design nel circuito OFF di Fotografia Europea 2023
Il progetto fotografico di Alessandra Azzolini promosso da #analogicfriends sarà ospitato a Food in Chiostri, ai Chiostri di San Pietro, a Reggio Emilia, dal 28 aprile all’11 giugno 2023. Inaugurazione domenica 30 aprile, alle 10.30
40 macchine fotografiche, selezionate per decenni, a partire dal secondo dopoguerra fino agli anni 2000, provenienti da diversi paesi europei: Italia, Germania, Francia, Inghilterra, Olanda, Belgio, Svezia e URSS. Una storia di design, tecnologia e stile che si interseca con quella della moda, di cui sono rappresentative le opere di textile design utilizzate negli still life, che evocano immediatamente l’atmosfera dell’epoca.
film|camera|fashion è il progetto fotografico di Alessandra Azzolini, promosso da #analogicfriends, dedicato alle macchine fotografiche analogiche e ai pattern grafici che hanno contribuito a produrre l’immaginario visuale di cui oggi si sostanzia l’idea di Europa. Il taglio è di tipo interpretativo sulla storia della fotografia, intesa non come storia delle immagini, ma come storia degli oggetti che le hanno create. Sarà presentato in occasione della XVIII Edizione di Fotografia Europea 2023, dal titolo Europe Matters. Visioni di un’identità inquieta, nel circuito OFF, dal 28 aprile all’11 giugno, a Food in Chiostri, spazio dei Chiostri di San Pietro, in via Emilia San Pietro, 44c, a Reggio Emilia, gestito da Pause-Atelier dei Sapori, un’impresa di Fondazione Reggio Children. L’esposizione sarà aperta tutti i giorni, dalle 9.30 alle 19.30 (escluso il lunedì), a ingresso gratuito.
La mostra prende spunto da un trend in atto, quello del ritorno all’utilizzo della pellicola. Vintage? Forse, ma senza nostalgia, piuttosto un atteggiamento pragmatico e “pop” nei confronti delle macchine fotografiche nell’era degli smartphone, che rivendica l’esigenza di vedere le fotografie finalmente di nuovo stampate. Si potranno riconoscere macchine fotografiche storiche come le tedesche Leica IIIf, la Rollei 35, la Minox 35 EL, la svedese Hasselblad 500 C/M, l’italiana Bencini Minicomet, e altri capolavori dell’industria.
“Il lavoro di figure femminili, artiste e textile designer, sono state l’ispirazione principale per la ricerca estetica che ha riguardato i fondali, prima tra tutte l’ucraina naturalizzata francese Sonia Delaunay, le inglesi Jacqueline Groag, Lucienne Day, Mary White, Bridget Riley, Barbara Brown, che hanno anticipato il gusto di intere epoche – dice Alessandra Azzolini, e continua – È stato un piacere omaggiare anche altre donne celebri entrate nell’immaginario contemporaneo per il loro stile inconfondibile, come Marilyn Monroe, Brigitte Bardot, Twiggy, Mary Quant, Peggy Moffitt e Debbie Harry”.
“analogic friends ha l’obiettivo di diffondere l’interesse e di valorizzare gli apparecchi fotografici analogici del passato che giacciono inutilizzati nei cassetti e che, a distanza di anni, possono ancora produrre immagini di grande interesse a livello tecnico, estetico e qualitativo”, dice il fotografo Roberto Savio ideatore dell’iniziativa. E aggiunge: “Le macchine fotografiche ritratte fanno parte della collezione di #analogicfriends e vengono in massima parte tutt’ora utilizzate. Una bellissima vetrina per alcune “vecchiette” ancora perfettamente in forma”.
Alessandra Azzolini è brand ambassador del Max Mara Fashion Group e content creator. Esperta di Fashion & Luxury, lavora da anni nel settore moda e sviluppa contenuti per la comunicazione online. Vanta una consolidata esperienza nello styling e nella curatela di eventi culturali.
www.analogicfriends.com • info@analogicfriends.com
Nel dibattito sul design, si parla da anni del tema dell’accorpamento delle funzioni, della miniaturizzazione e, via via, della scomparsa di alcuni oggetti, a favore di altri. È il caso, ad esempio, della macchina fotografica nell’era degli smartphone.
Questo fenomeno, se non risparmia le macchine digitali, figuriamoci quali possano essere le sorti presagite per quelle analogiche.
È raro incontrare nel paesaggio quotidiano persone con la macchina fotografica al collo, tra le mani, intente a guardare nel mirino prima dello scatto. Per non parlare di quanto sia sempre più complicato reperire le pellicole.
Tuttavia, qualcosa di inaspettato sta accadendo: una nuova dignità è oggi riconosciuta a questi oggetti del tutto speciali che sono le macchine fotografiche, in particolare quelle di prima generazione. Sono oggetti cari, caldi, che spesso nelle nostre vite si ancorano a dei ricordi: un regalo di compleanno del padre, una passione trasmessa da uno zio, la prima macchina fotografica acquistata per fotografare i figli, eccetera. Questi oggetti sono intrisi di storia e di storie.
Oggi non siamo più disposti a lasciarli come oggetti dimenticati, inutilizzati nei cassetti, o impolverati chissà dove. È chiaro il loro valore, forse più oggi di allora, come accade quando, grazie al filtro del tempo, ci sembra di comprendere meglio alcuni fenomeni. Infatti qualcuno ha ricominciato ad acquistarle, chi a collezionarle, chi ad utilizzarle e i prezzi degli apparecchi e delle pellicole hanno cominciato a salire, fino a tornare ad essere oggetti del desiderio di qualcuno.
Se ci pensiamo, è una storia non molto dissimile a quella che è capitata all’abbigliamento con il fenomeno del vintage, ma senza nostalgia. Anzi, perché a scegliere questi oggetti come compagni di viaggio, di esperienze intime, di ricerche creative spesso sono le generazioni che quegli anni non li hanno vissuti. Ecco perché queste macchine fotografiche in qualche modo sono “nuove”, e scintillano come le star che alcune volte hanno immortalato e che altre volte le hanno tenute tra le loro mani.
Interrogare una collezione di macchine fotografiche analogiche come questa è l’unico modo per vederle veramente per quello che sono e mostrarle agli altri; forse non è neppure sufficiente il solo utilizzarle per toglierle davvero dall’oblio, per conoscerle e ri-conoscerle, una per una per le rispettive caratteristiche tecniche, estetiche e di stile.
Non capita di rado, ultimamente, di vederle comparire all’interno delle immagini dei redazionali di moda in fatto di ultimi trend, in mano a modelli e modelle, sulle più influenti riviste di moda, fotografate dai grandi fotografi di moda contemporanei, oppure scorrere su Instagram nelle pagine delle Infuencer: da una parte la borsa, dall’altra la macchina fotografica analogica, che entra in campo come un oggetto di lusso, avvalorando anche il resto della scena senza offuscarlo.
La storia della fotografia è ricca di autoritratti celebri con macchina fotografica, in cui il fotografo o la fotografa si ritrae con il proprio strumento di lavoro come un oggetto identitario, che rappresenta qualcosa in più, ad esempio, del pennello per il pittore o dello strumento musicale per il musicista, perché getta un ponte con l’osservatore attraverso l’obiettivo, quasi un invito a collaborare alla costruzione dell’immagine. In alcuni casi, il volto è coperto dalla macchina fotografica, in altri la macchina fotografica lo lascia libero nell’atto di guardare nel pozzetto, in altri ancora l’immagine viene colta nel riflesso di uno specchio, di una vetrina. Esiste un vero e proprio genere, Vivian Maier con la sua Rolleiflex e la Leica IIIc è stata maestra, ma è solo la punta dell’iceberg.
Gli apparecchi fotografici, macchine, cavalletti, flash compaiono sui set negli studi dei grandi fotografi di moda, condividono un ambiente, una modalità di esistenza con le icone del tempo: attrici, dive, muse che sono diventate quelle che sono proprio grazie anche al diffondersi delle loro immagini attraverso la fotografia, la tv e il cinema.
Negli still life in mezzo ad altre cose non è insolito trovarle: enfatizzano esperienze che possono essere di vario tipo, costituiscono un elemento compositivo che attira lo sguardo sulla scena, ad esempio in un backstage. C’è un certo feticismo che si esercita su questi oggetti.
Ma se il soggetto fossero le macchine analogiche in se stesse, che cosa accadrebbe? Loro, proprio loro, uscendo dalle logiche commerciali delle macchine fotografiche in uso e dei fondali piatti in cui vengono fotografate per essere vendute, in quali abiti si sentirebbero meglio, in quali atmosfere vorrebbero vivere, quale spirito del tempo si sentirebbero di condividere? Una sorta di antropomorfizzazione dell’oggetto forse è inevitabile, per compiere al contempo su di noi un’esperienza trasformativa del nostro modo di relazionarci alle cose, rafforzando la relazione stessa.
Personalmente posso dire che dopo questo lavoro, che associa a ogni macchina fotografica un pattern grafico ispirato al textile design utilizzato nell’arredo, negli abiti o nelle copertine dei dischi, ho accresciuto il mio senso di famigliarità con queste cose, a cui ho rivolto la mia attenzione, con l’intenzionalità forte di esaltarne le qualità che vanno loro debitamente e, di volta in volta, attribuite.
Ho fatto riferimento, qualvolta ho potuto, al lavoro di figure femminili più o meno note, artiste e textile designer, come l’ucraina naturalizzata francese Sonia Delaunay (1885-1979), le inglesi Jacqueline Groag (1903-1986), Lucienne Day (1917-2010), Mary White (1930-2020), Bridget Riley (1931-), Barbara Brown (1932-) e altre donne celebri entrate nell’immaginario contemporaneo per il loro stile inconfondibile, come Marilyn Monroe, Brigitte Bardot, Twiggy, Mary Quant, Peggy Moffitt e Debbie Harry.
Progettiste a tuttotondo, spesso passate in secondo piano rispetto ai colleghi uomini, meritano uno studio attento, soprattutto per quello che concerne il gusto dell’epoca, che spesso hanno anticipato.
La scelta delle macchine fotografiche si è orientata a criteri di selezione estetici e funzionali, individuando per ogni epoca gli apparecchi più identificativi. La collezione stessa da cui provengono, del resto, negli anni si è andata via via formando proprio privilegiando l’aspetto di innovazione del design. Si possono riconoscere vere e proprie “star”, come le tedesche Leica IIIf, la Rollei 35, la Minox 35, la svedese Hasselblad 500 C/M, l’italiana Bencini Minicomet e altri capolavori dell’industria, che per ragioni legate alla forma, al colore e alla texture, sono ai nostri occhi sorprendenti a tal punto da affezionarci, non tanto per il valore materiale del singolo, ma come parte dell’insieme.
La fotografia condivide con il design dei tessuti una sorta di comunanza nel loro essere state a lungo considerate “arti minori”, prima di essere accettate a pieno titolo nel novero delle arti.
A dispetto di ciò, tanto le macchine fotografiche, quanto i pattern grafici si sono mostrati in molti casi intramontabili, immodificati per decenni e imitati. La prova è la loro natura profondamente culturale.
La suddivisione per decadi scelta per l’esposizione film|camera|fashion ha aiutato a raccontare una storia che, altrimenti, sarebbe rimasta inaccessibile ai più: ancora una volta, la fotografia rivendica questo suo potere quasi magico di far ri-vivere gli oggetti che ritrae in un bagliore eterno. Sono le icone del nostro tempo, al pari di altri feticci nel mondo delle merci più generosamente considerati, forse perché il destino delle macchine fotografiche è sempre stato loro discapito quello di “sparire” dietro le immagini.
Oggi riappaiono ai nostri occhi, e sono bellissime.
Alessandra Azzolini, 19 aprile 2023
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